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Intervista all'artista Paolo Avanzi

  • Immagine del redattore: Paolo Avanzi
    Paolo Avanzi
  • 14 feb 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

1. DOMANDA: Sei una persona piuttosto eclettica avendo vari interessi a livello culturale. Come sei arrivato alla pittura?

RISPOSTA: Ho iniziato a dipingere una ventina d'anni fa. Intorno ai quarantanni. Non ho seguito nessun corso di pittura. In questo solo assolutamente autodidatta. Sin dall'inizio ho proceduto per tentativi, lasciandomi guidare dall'istinto.

Ho iniziato con gli acquerelli, poi sono passato al polimaterico. Per un paio d'anni ho realizzato delle opere su plastica con smalti e combustioni che sono state anche esposte al Museo Sandretto della Plastica nel Canavese. Dalla plastica sono ritornato al figurativo. Però il concetto tridimensionale fluido e mobile tipico della plastica mi è rimasto dentro. Tant'è che lo ho applicato alla mia produzione in stile Pop Art e in quella successiva. In effetti mi viene naturale esaltare un senso di plasticità nei soggetti che rappresento. Come se dietro la loro natura bidimensionale ci fosse una essenza corporea.

La svolta è avvenuta nel 2006, quando dopo varie sperimentazioni sono approdato allo stile che mi caratterizza. Non nego che sono stato influenzato dalla Fotografia e dalle potenzialità della Digital Art. Anche se a livello storico credo di aver subito l'influenza dei maestri del Futurismo italiano come Boccioni e Balla. Ciò che mi affascina delle loro opere è la potenza cinetica e nello stesso tempo la visione d'insieme multiprospettica dei loro soggetti. Dopo oltre un secolo queste opere continuano a mantenere intatta la loro carica innovatrice.

Quello che cerco di fare io, nel mio piccolo, è di perseguire una strada che mi renda riconoscibile in questa mia ricerca, prendendo spunto dalla Pop Art e dal Futurismo.



2. DOMANDA: Cosa intendi esprimere con le tue opere? C'è un messaggio che vuoi portare avanti?

Un aspetto che mi colpisce della realtà di tutti i giorni è la frammentarietà, nelle comunicazioni (testuali e visive) e nei valori. Frammentarietà che si coniuga spesso con il concetto di ridondanza. Siamo continuamente bombardati dai mass media e dai social. Le informazioni, ma anche le stesse immagini, ci vengono ripetute e trasmesse sotto prospettive spesso discordanti e questo ci crea confusione, ci stordisce. Questo senso di frammentarietà e distorsione ho voluto ricrearlo nella mia produzione. Chi osserva le mie opere ha l'impressione di vedere le figure, che rappresento, come attraverso uno specchio o un vetro deformante. Questo me lo dicono un po' tutti. Al di là dell'effetto distorsivo, l'impressione che vorrei trasmettere è appunto questo senso di precarietà e di moltiplicazione . Lo straniamento e lo sconcerto che prova l'osservatore sono paragonabili a quanto io avverto di fronte alla realtà presente. E' così complessa, variabile e dinamica che si fa fatica comprenderla.


3. DOMANDA: Ci sono particolari complessità tecniche nella realizzazione delle tue opere?

Le mie opere sono come dei puzzle, con la difficoltà in più (non irrilevante) che in ogni tessera o riquadro la prospettiva varia continuamente, anche se di poco. Per cui c'è quasi sempre un minimo di sovrapposizione tra una tessera e quella adiacente. Se poi alla frammentazione si aggiunge la distorsione, la complessità aumenta ulteriormente.

Un ulteriore elemento da gestire è la riconoscibilità delle figure che deve essere garantita nonostante la frammentarietà della stessa. C'è il rischio infatti che le figure o sagome che rappresento (se troppo frammentate) non siano identificabili dall'osservatore. E per fare ciò differenzio molto lo sfondo rispetto alla figura utilizzando per esempio chiaro scuri o contrasti cromatici.

E' quindi un procedimento abbastanza complesso e che richiede figure e sfondi ben definiti. Se così non è, si rischia di creare un guazzabuglio di colori che confonde l'osservatore.



4. DOMANDA: Secondo te l'artista quale ruolo dovrebbe avere nella società di oggi?


Ieri come oggi l'artista dovrebbe dare un contributo critico di stimolo alle coscienze troppo spesso assopite in una sorta di torpore mentale. Il fatto di avere a disposizione tanti strumenti di conoscenza (molti di più rispetto al passato) non è condizione sufficiente per una partecipazione attiva ai processi sociali e produttivi.

Ho l'impressione che spesso cadiamo in un un approccio un po' semplicistico e superficiale, forse come reazione all'eccesso di complessità o alla ridondanza delle informazioni. Cogliamo ciò che ci fa comodo, ciò che ci diverte subito e senza tanti problemi. Con questo non voglio dire che l'artista deve fare l'intellettuale pedante e palloso. Bisognerebbe essere in grado di attirare e coinvolgere l'uomo di tutti i giorni usando pure la leva del divertimento e dell'intrattenimento, ma allo stesso tempo proponendo contenuti che facciano riflettere. Stimolare quindi prospettive diverse da quelle banali e rassicuranti del senso comune.

Quando un osservatore rimane sconcertato dai miei quadri, mi sembra di aver fatto il passo giusto in questa direzione. Insomma, nel mio piccolo, preferisco provocare e "colpire" piuttosto che appagare con un "bel" quadro.


 
 
 

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